La necessaria obbedienza al Magistero ordinario e il magistero di Papa Francesco: un problema teologico.

La necessaria obbedienza al Magistero ordinario e il magistero di Papa Francesco: un problema teologico.

Ci sono due eccessi nel considerare il valore, come luogo teologico, del Magistero Ordinario.
Siamo tra Scilla e Cariddi.

1) Errore per difetto: valgono solo le definizioni dogmatiche, e il resto è un optional.

2) Errore per eccesso; il minimo “flatus vocis” del Papa richiede l’assenso interno.

Il giusto mezzo – non il compromesso, ma il “medium formale” – è dato dalla verità indiscussa delle “note teologiche”, per cui non tutte le affermazioni del magistero richiedono lo stesso grado di assenso.

E perché non lo richiedono? Perché il Magistero ordinario (l’insegnamento del Papa e dei singoli Vescovi cum Petro e sub Petro) è infallibile nella sua globalità, in quanto esso è corpo omogeneo, costante, non cristallizzato ma neppure “esplodente”.

Si dice allora che alcune affermazioni del Magistero potrebbero essere fallibili “per accidens”, inopportune, imprudenti e simili.

Ad esempio, l’istruzione sulla vocazione del teologo “Donum Veritatis”, del 24/5/1990,
afferma, al § 24:

“In questo ambito degli interventi di ordine prudenziale, è accaduto che dei documenti magisteriali non fossero privi di carenze. I Pastori non hanno sempre colto subito tutti gli aspetti o tutta la complessità di una questione. Ma sarebbe contrario alla verità se, a partire da alcuni determinati casi, si concludesse che il Magistero della Chiesa possa ingannarsi abitualmente nei suoi giudizi prudenziali, o non goda dell’assistenza divina nell’esercizio integrale della sua missione”.

L’espressione “non ingannarsi abitualmente” ci fa intendere che ci potrebbe essere un “ingannarsi” occasionale.

Altro problema è la valutazione del Magistero da parte dei membri della Chiesa discente e anche dei singoli Vescovi.

È possibile “fare domande” all’Autorità più alta, come ci hanno insegnato i quattro Cardinali dei “dubia”.

E il metodo è confermato dalla succitata Istruzione sulla Vocazione del Teologo, al § 30:

“Se, malgrado un leale sforzo, le difficoltà persistono, è dovere del teologo far conoscere alle autorità magisteriali i problemi suscitati dall’insegnamento in se stesso, nelle giustificazioni che ne sono proposte o ancora nella maniera con cui è presentato. Egli lo farà in uno spirito evangelico, con il profondo desiderio di risolvere le difficoltà. Le sue obiezioni potranno allora contribuire ad un reale progresso, stimolando il Magistero a proporre l’insegnamento della Chiesa in modo più approfondito e meglio argomentato”.

Poi è chiaro che bisogna fare di tutto per salvare ogni singola affermazione dell’Autorità, ma non dobbiamo neppure essere “sofisti di segno contrario” nel rigirare le parole del Papa come una frittata, per stiracchiare un’interpretazione credibile e coerente.

Ad esempio è chiaro che il Papa non sopporta i titoli di Mediatrice e Corredentrice attribuiti alla Madonna; la nota teologica delle due omelie, in cui ha espresso le sue idee, non richiede l’assenso interno e si può chiedergli, con rispetto, come quanto afferma non sia contraddittorio con tanti documenti che invece l’assenso interno (compreso quello del Papa) lo richiedono eccome.

Alcuni esempi circa il titolo di Corredentrice:

S. GIOVANNI PAOLO II, ANGELUS, Arona (Novara) – Domenica, 4 novembre 1984

“Alla Madonna – la Corredentrice – san Carlo si rivolge con accenti singolarmente rivelatori. Commentando lo smarrimento di Gesù dodicenne nel tempio, egli ricostruisce il dialogo interiore, che poté intercorrere tra la Madre e il Figlio, e soggiunge: “Sopporterai dolori ben più grandi, o Madre benedetta, e continuerai a vivere; ma la vita ti sarà mille volte più amara della morte. Vedrai consegnato nelle mani dei peccatori il tuo Figlio innocente . . . Lo vedrai brutalmente crocifisso, tra i ladri; vedrai il suo fianco santo trapassato dal crudele colpo di lancia; vedrai, infine, effondere il sangue che tu gli hai dato. E tuttavia non potrai morire!” (Omelia nel duomo di Milano la domenica dopo l’Epifania del 1584)”.

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI AL PELLEGRINAGGIO DELL’OPERA FEDERATIVA TRASPORTO AMMALATI A LOURDES (OFTAL), Sabato, 24 marzo 1990:

“3. Maria santissima, Corredentrice del genere umano accanto al suo Figlio, vi dia sempre coraggio e fiducia! E vi accompagni anche la mia benedizione, che ora di gran cuore vi imparto!”

S. GIOVANNI PAOLO II, UDIENZA GENERALE, Mercoledì, 10 dicembre 1980:

“Cari ammalati, anche voi invito a dirigere un pensiero di fervida devozione a Maria, letizia dei nostri cuori, consolatrice di tutti i sofferenti. Anche se siamo provati dal dolore, non possiamo tralasciare di allietarci nel nostro Dio, che ci ha rivestiti di vesti di salvezza e di un manto di santità, per essere capaci di trasformare la nostra pena in amorosa offerta, ad imitazione della Madonna, la Corredentrice. Maria alimenti in voi sentimenti di serenità e di speranza, ed avvalori anche la Benedizione, che vi imparto con tutto il cuore”.

LEONE XIII, Lett. Enc. SUPREMI APOSTOLATUS, 1/9/1883:

“Ciò dimostra la fermissima speranza, anzi la piena fiducia, che la Chiesa cattolica ha sempre a buon diritto riposto nella Madre di Dio. Infatti la Vergine Immacolata, prescelta ad essere Madre di Dio, e per ciò stesso fatta corredentrice del genere umano, gode presso il Figlio di una potenza e di una grazia così grande che nessuna creatura né umana né angelica ha mai potuto né mai potrà raggiungerne una maggiore.”


Spero di essermi spiegato, perché ho sempre amato le tre bianchezze (l’Eucaristia, la Madonna e il Papa); sono stato ricoverato per due mesi per Covid, con decine di prelievi e buchi dolorosi (soprattutto i prelievi arteriosi). E non c’è stato doloretto o sofferenza per il pudore che non abbia offerto per consolare i Sacri Cuori, per la conversione dei peccatori, E PER IL SANTO PADRE.
Ave Maria!


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