Uria l’ittita: figura dell’anima riparatrice e della cecità giudaica

Uria l’ittita: figura dell’anima riparatrice e della cecità giudaica

Uria era un prode soldato, fedelissimo del re David: mentre lo stesso Uria era impegnato nell’assedio di Rabbat-Ammon, ls moglie Betsabea fu concupita dal Re David mentre faceva il bagno. Dopo averla sedotta e messa incinta, il re richiamò Uria dall’assedio con una scusa, perché questi passasse la notte con la moglie e potesse credere il figlio fosse suo. Uria, però, non uscì dal palazzo poiché riteneva indecoroso starsene a casa quando i commilitoni rischiavano la vita in battaglia. Allora David lo fece uccidere a tradimento, ordinando a Joab, capo dell’esercito, di abbandonare Uria dove la battaglia fosse più feroce (cf 2 Sam 11). Uria è dunque uno straniero leale, tradito e ucciso in modo abietto e vile. Sappiamo che dopo questi fatti il Re David si pentì sinceramente di tutto, e compose il salmo 50/51, il Miserere, che ha accompagnato la penitenza di tanti cristiani nel corso dei secoli.

E Uria? Il suo personaggio ha un profondo senso spirituale: il suo sacrificio non è stato inutile. Cerchiamo, di indagarlo, a profitto della nostra anima.

Il nome Uria (ebr.: אוּרִיָּ֥ה ʾûrı̂yyâ) significa luce/fiamma di JHWH oppure JHWH è la mia luce.

Uria è Figura dell’anima riparatrice che non può starsene in panciolle mentre il suo Dio è crocifisso e mentre si combatte la guerra santa, continuazione della guerra in cielo tra Michele e il demonio.

2 Sam 11,11 “Uria rispose a Davide: «L’arca, Israele e Giuda abitano sotto le tende, Ioab mio signore e i servi del mio signore sono accampati in aperta campagna e io dovrei entrare in casa mia per mangiare e bere e per giacere con mia moglie? Per la tua vita, per la vita della tua persona, non farò mai cosa simile!»”.

Tutto questo a tal punto da accettare di essere ucciso e perseguitato da chi dovrebbe difenderlo e proteggere. Le anime riparatrici sono state perseguitate anche da lussuriosi prelati: es. San Pio da Pietrelcina, perseguitato dal Vescovo di Manfredonia e di Foggia, Mons. Gagliardi.

Uria è anche figura di Gesù Cristo, in quanto è ittita, cioè straniero: e Gesù è stato considerato “samaritano”, con disprezzo:

Gv 8,48 “Gli risposero i Giudei: «Non abbiamo forse ragione di dire che tu sei un Samaritano e un indemoniato?»”.

Uria è figura di Cristo, in quanto è sposo di quella Chiesa, che come Betsabea, è composta anche da uomini che si prostituiscono, ma non di meno non smette di generare Cristo nei suoi figli. Betsabea compare infatti nella genealogia del Messia.

Uria, in senso mistico, è figura negativa:

“E Uria simboleggia il popolo giudaico, il cui nome significa «la mia luce è di Dio»; e siccome il popolo giudaico si vanta di avere ricevuto la scienza della Legge, in qualche modo si gloria della Legge di Dio. Ma a questo Uria, Davide portò via la moglie e la uni a sé con mano forte, come vien designato Davide, il Redentore apparso nella carne, rivelò che la Legge, intesa in senso spirituale, parla di lui; e dimostrò che essa era estranea al popolo giudaico perché secondo la lettera, e la unì a sé dichiarando che era profezia di lui. Davide invita Uria a recarsi a casa sua e a lavarsi i piedi; il Signore, venendo nella carne, ordinò al popolo giudaico di rientrare nella propria coscienza e purificare con il pianto le sue colpevoli azioni, per comprendere in senso spirituale i comandi della Legge e, dopo tanta durezza di precetti, scoprendo il fonte battesimale, ricorrere, dopo tanta fatica, all’Acqua.

Ma Uria, ricordando che l’arca del Signore si trova sotto la tenda, non può entrare in casa sua. Come se il popolo giudaico dicesse: io vedo i precetti di Dio nei sacrifici materiali e non cerco di rientrare nella coscienza per mezzo dell’intelligenza spirituale. Colui che intende i precetti di Dio se non in ordine all’offerta di un sacrificio materiale, è come se dicesse che l’arca si trova sotto la tenda. Davide invita alla mensa anche colui che non vuole ritornare a casa, perché, sebbene il popolo giudaico ricusi di rientrare nella propria coscienza, tuttavia il Redentore con la sua venuta gli predica i precetti spirituali, dicendo: Se credeste a Mosè forse credereste anche a me, perché di me egli ha scritto. Il popolo giudaico possiede la Legge, che parla di colui al quale il medesimo popolo giudaico ha rifiutato di credere. Per cui anche Uria è inviato a Joab con lettere che contengono la sua sentenza di morte, perché lo stesso popolo giudaico è portatore della Legge che conduce alla morte. Infatti, rifiutando di compiere i precetti della Legge che custodisce, reca con sé il giudizio di condanna.

Quale azione più scellerata di quella di Davide e quale azione più pura di quella di Uria? E tuttavia, se si considera il mistero, niente di più santo di ciò che compie Davide e niente di più contrario alla fede di ciò che compie Uria, quando quello, con la colpa della sua vita, simboleggia l’innocenza rivelata dalla profezia, e questo, con l’innocenza della sua vita esprime la colpa manifestata dalla profezia. Non è dunque sconveniente che le azioni cattive compiute dagli eretici vengano simboleggiate dalle azioni buone compiute dagli amici di Giobbe, quando la forza della parola di Dio narra le cose passate in ordine a quelle future: approva in chi le ha compiute ciò che disapprova in senso spirituale condanna azioni che esorta a compiere in senso spirituale” (San Gregorio Magno, Moralia in Job, I, III, 55).

Conclusione.

Uria è figura ed esempio per quelli che hanno nel cuore “Il fuoco di JHWH”, ovvero lo Spirito Santo, lo zelo per la salvezza delle anime: come pure “la luce di JHWH”, ovvero la fede: e dicono con la loro vita “Dio è la mia luce e il mio fuoco, il fuoco che arde nel mio cuore”.

Costoro non possono condurre una vita tranquilla, pensando a Gesù Crocifisso e intendono seguirlo fino al Calvario, e fagli compagnia nel Getsemani. Non possono sopportare di star bene mentre Gesù è in agonia fino alla fine del mondo (“Gesù sarà in agonia fino alla fine del mondo; non bisogna dormire durante questo tempo” — Blaise Pascal, Pensieri, n. 553).

I nuovi Uria ascoltano, con S. Ignazio, l’appello di Gesù Cristo, somme Re somma capitano:

“Esercizi spirituali [95] …È mia volontà sottomettere al mio potere tutto il mondo e tutti gli avversari, e così entrare nella gloria del Padre mio; perciò chi vuole venire con me deve faticare con me, perché, seguendomi nella sofferenza, mi segua anche nella gloria”.

[96] Secondo punto. Penso che tutte le persone ragionevoli e di buon senso si offriranno senza riserve alla fatica.

[97] Terzo punto. Quelli che vorranno impegnarsi di più e distinguersi in ogni servizio del loro re eterno e signore universale, non soltanto si offriranno alla fatica, ma, andando anche contro la propria sensualità, le affezioni disordinate le vanità mondane, faranno una offerta di maggior valore e di maggiore importanza dicendo:

[98] “Eterno Signore di tutte le cose, con il tuo favore e il tuo aiuto io faccio la mia offerta davanti alla tua infinita bontà, davanti alla tua gloriosa Madre e a tutti i santi e le sante della corte celeste: io voglio e desidero ed è mia ferma decisione, purché sia per tuo maggior servizio e lode, imitarti nel sopportare ogni ingiuria e disprezzo e ogni povertà, sia materiale che spirituale, se la tua santissima Maestà vorrà scegliermi e ricevermi in questo genere di vita”

E per questo scopo, corrono volentieri il rischio di essere persino uccisi da chi invece dovrebbe più amarli e rispettarli: “…viene l’ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio” (Gv 16,2).

Per contro Uria è figura anche di chi interpreta carnalmente la parola di Dio, anteponendo cioè la propria interpretazione all’obbedienza al Re (il vero Magistero). Di chi, pur dicendosi cattolico, si ostina in una religiosità naturale, giudaica, modernista: propria di chi rifiuta di “lavarsi” con i Sacramenti, e di “stare a casa con la moglie”, ovvero di vivere pienamente nella fede della Chiesa, sposa del Verbo.