Dante e Maria

Dante e Maria

L’Alighieri professava una tenera e profonda divozione a Maria Vergine. Di questa sua divozione è testimonio bellissimo la Divina Commedia, nella quale ricorre di frequente il nome di Maria, sì con nome proprio, come con nome perifrasato. Dante, lo attesta egli nel c. XXIII del Purgatorio, la invocava ogni giorno, mattina e sera:

Il nome del bel fior ch’io sempre invoco
E mane e sera; …

a Lei dà i più bei titoli, che si possono escogitare; gli epiteti più graziosi e gentili sono per Lei: donna gentil – benedetta – sposa – vergine – bel fior – luce – regina augusta – stella – zaffiro – bellezza, ed altri.

Insomma, ben cinquantadue volte viene nominata Maria nelle tre Cantiche; due volte nell’Inferno, tredici nel Purgatorio e trentasette nel Paradiso. Viene chiamata col suo proprio nome, Maria, ventuno volte; con nome perifrasato trentuno volte. A Lei consacra ben tredici terzine del c. XXXIII del Par., che sono la stupenda orazione di S. Bernardo alla Vergine, fatta per Dante; con Maria incomincia, si può dire, il Poema sacro, poiché già nel c. II dell’Inferno si ricorda Maria Vergine, che manda dal cielo Beatrice in aiuto di Dante, e con Maria finisce, trovandosi essa con S. Bernardo nell’ultima scena a contemplare l’eterno Lume.

Ed era ben naturale, che in un Poema sacro, in un Poema d’ispirazione religiosa, Maria vi avesse una parte assai larga.

Noi qui raccoglieremo uno dopo l’altro i passi del Poema ove si ricorda Maria senza farvi alcun comento. Le verità dogmatiche intorno alla gran Madre vengono da Dante tutte professate sì chiaramente nei versi che dedica a Maria, da rendere inutile ogni spiegazione.

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Nell’ Inferno c. II, Beatrice, mandata dalla Vergine, scende a Virgilio, e lo conforta ad aiutare il suo amico, impedito nel cammino della spiaggia deserta. Virgilio racconta a Dante da chi fu mandato, e riferisce le parole, che a lui disse Beatrice, tra le quali sono le seguenti, riferentisi a Maria:

Donna è gentil nel ciel, che si compiange
Di questo impedimento ov’ io ti mando;
Sì che duro giudicio lassù frange.

Questa chiese Lucia in suo dimando
E disse: ora abbisogna il tuo fedele
Di te, ed io a te lo raccomando.

(t. 32-33).

Lucia, ossia la carità illuminante, andò da Beatrice, e la fece scendere a confortare Virgilio, che aiutasse Dante. Maria, Lucia, e Beatrice Virgilio le chiama tre donne benedette:

Poscia che tai tre Donne benedette
Curan di te nella corte del cielo

(t. 42).

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Nel Purg. c. III, t. 13, avverte gli uomini, che non vogliano addentrarsi troppo nei Misteri divini; e dopo aver detto essere impossibile intendere il Mistero della SS. Trinità, continua:

Siate contenti, umana gente, al quia:
Che, se potuto aveste veder tutto,
Mestier non era partorir Maria.

Nel c. V, t. 34, Buonconte di Montefeltro racconta a Dante, che, ferito nella gola alla battaglia di Campaldino (11 Giugno 1289), invocò Maria morendo, e quindi fu salvo, benché dovesse purgarsi in Purgatorio:

Quivi perdei la vista e la parola:
Nel nome di Maria finii: e quivi
Caddi, e rimase la mia carne sola.

Nel c. VIII il Poeta vede due Angeli venire dall’alto a custodia delle anime. Sordello dice a Dante (t. 13):

Ambo vengon dal grembo di Maria
(Disse Sordello), a guardia della valle,
Per lo serpente che verrà via via.

Nel c. X parlando degli esempi di umiltà scolpiti nel masso al primo cerchio, accenna al Mistero dell’Annunziazione, fatta da Gabriele a Maria, la quale stava ivi scolpita (t. 14-15):

…Quivi era immaginata Quella
Che ad aprir l’alto amor volse la chiave.
Ed avea in atto impressa esta favella:

Ecce ancilla Deï, propriamente,
Come figura in cera si suggella

E tosto dopo, alla t. 17, dice che – dietro da Maria – vide impressa un’altra istoria.

Nel c. XIII gli invidiosi gridano, pregando Maria e i Santi (t. 17):

E poi che fummo un poco più avanti,
Udii gridar: «Maria, òra per noi;»
Gridar: «Michele, e Pietro, e tutti i Santi»

Nel c. XV, t. 29-31, il Poeta, contemplando in visione esempi di mansuetudine o di misericordia, riferisce le dolci parole da Maria dette al Figlio smarrito nel tempio:

Ivi mi parve in una visïone
estatica di sùbito esser tratto,
e vedere in un tempio più persone;

e una donna, in su l’entrar, con atto
dolce di madre dicer: «Figliuol mio,
perché hai tu così verso noi fatto?

Ecco, dolenti, lo tuo padre e io
ti cercavamo». E come qui si tacque,
ciò che pareva prima, dispario.

Nel c. XVIII, t. 34, Dante fa cantare agli accidiosi, prima esempi di zelo sollecito, poi d’accidia. Fra i primi accennano all’andata premurosa di Maria a ritrovare S. Elisabetta sulle montagne della Giudea:

E due dinnanzi gridavan piangendo:
«Maria corse con fretta alla montagna».

Nel c. XX, t. 7-8, sente il Poeta cantar dalle Ombre esempi di povertà e generosità, ed esaltare la povertà di Maria, che partorì il Figliuol di Dio in una stalla:

E per ventura udii: «Dolce Maria!»
Dinnanzi a noi chiamar, così, nel pianto,
Come fa donna che ‘n partorir sia.

E seguitar: «Povera fosti tanto,
Quanto veder si può per quell’ospizio
ove sponesti il tuo portato santo»

Nel Canto medesimo, alla t. 33, chiamasi Maria – l’unica Sposa dello Spirito Santo.

Nel c. XXII, t. 48, si accenna alle nozze di Cana, dove Maria disse a Gesù – non hanno più vino – :

Poi disse: «Più pensava Maria, onde
Fosser le nozze orrevoli ed intere,
Ch’alla sua bocca, ch’or per voi risponde».

A questo fatto delle nozze di Cana aveva già accennato il Poeta. nel c. XIII, t. 10, parlando delle voci passanti per l’aria e confortanti ad amare:

La prima voce che passò volando

Vinu non habent, altamente disse;
Vinu non habent, altamente disse;
E dietro a noi l’andò reiterando.

Nel c. XXIX, t. 29, i ventiquattro seniori, coronati di fiordaliso, cantano l’Ave Maria:

Tutti cantavan: «Benedetta tue
Nelle figlie d’Adamo! e benedette
Sieno in eterno le bellezze tue!»

E finalmente nel c. XXXIII, t. 2, si assomiglia la commozione e il dolore di Beatrice a sentire il flebil canto delle donne, annunziante i mali della Chiesa, al dolore di Maria appiè della croce in sul Calvario:

E Beatrice, sospirosa e pia,
Quelle ascoltava, sì fatta che poco
Più, alla croce, si cambiò Maria.

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Nel Paradiso ricorre ancor più di frequente il nome di Maria e le allusioni a Lei.

Nel c. III, t. 41, Piccarda, finito che ha di parlare con Dante, vola via, cantando Ave Maria:

Così parlommi; e poi, cominciò: «Ave
Maria, cantando: e cantando vanio,
Come, per acqua cupa, cosa grave.

Nel c. IV, t. 10, il Poeta mette Maria in un seggio più alto dei Serafini e dei Santi tutti:

D’i Serafin colui che più s’india,
Moïsè, Samuel, e quel Giovanni
che prender vuoli, io dico, non Maria,

non hanno in altro cielo i loro scanni
che questi spirti che mo t’appariro,
né hanno a l’esser lor più o meno anni;

Nel c. XI, t. 24, cantando le lodi della Povertà, insieme a quelle del Poverello d’Assisi, san Francesco, dice che la povertà, sposa di Cristo, salì sulla croce, ai cui piedi stava Maria:

Nè valse esser costante, nè feroce
Sì, che dove Maria rimase giuso,
Ella con Cristo salse in su la Croce.

Nel c. XIII, t. 27-28, accenna il Poeta alla Concezione del Verbo di Dio, avvenuta in Maria per opera dello Spirito Santo:

Però se ‘l caldo amor la chiara vista
de la prima virtù dispone e segna,
tutta la perfezion quivi s’acquista.

Così fu fatta già la terra degna
di tutta l’animal perfezïone;
così fu fatta la Vergine pregna;

Nel c. XIV, t. 12, sente l’Alighieri una voce modesta simile a quella dell’Angelo Gabriele, quando si presentò a Maria:

…una voce modesta,

forse qual fu da l’angelo a Maria

Nel c. XV, t. 45, Cacciaguida parla della sua progenie, e si dice nato in Firenze, per grazia di Maria, chiamata da sua madre nel parto:

…a cosi dolce ostello
Maria mi diè, chiamata in alte grida;

Nel c. XVI, t. 12, si accenna ancora all’Annunziazione:

…Da quel di che fu detto Ave.

Nel c. XXIII, si nomina ben otto volte Maria. Alla t. 25, il Poeta la chiama:

…la rosa in che il Verbo divino
Carne si fece…

nella t. 30:

Il nome del bel fior ch’io sempre invoco
E mane e sera…

nella t. 31:

…la viva stella,
Che lassù vince come quaggiù vinse;

nella t. 34:

…il bel zaffiro
Del quale il ciel più chiaro s’inzaffira.

Nella t. 37 dice:

Così la circulata melodia
Si sigillava: e tutti gli altri lumi
Facean sonar lo nome di Maria.

Nella t. 42 gli Spiriti si elevano verso Maria, sì che, osserva il Poeta :

…l’alto affetto
Ch’egli aveano a Maria, mi fu palese.

Nella t. 43 quegli Spiriti cantano sì dolcemente Regina caeli, che Dante mai più lo dimentica:

Indi rimaser lì nel mio cospetto
Regina caeli cantando, sì dolce
Che mai da me non si parti ‘l diletto.

E ultimamente nella t. 46, dice che Pietro trionfa di sua vittoria:

…sotto l’alto Filio
Di Dio e di Maria…

Nel c. XXV, t. 43, dice il Poeta che solo due luci (Cristo e Maria) salirono al cielo col corpo e coll’anima. Dante professa qui la. verità dell’Assunzione di Maria:

Con le due stole nel beato chiostro
Son le due luci sole che saliro.

Nel c. XXXI, t. 34, chiama l’Alighieri Maria – Regina del Cielo; – nella t. 39 la chiama

…la Regina,
Cui questo regno è suddito e devoto;

e nella t. 45

…una bellezza, che letizia
Era negli occhi a tutti gli altri Santi.

Nel c. XXXII, t. 2, dice l’Alighieri che «Maria richiuse ed unse la piaga» fatta da Eva. Eva commise la colpa; Maria la sanò:

La piaga che Maria richiuse e unse,
quella ch’è tanto bella da’ suoi piedi
è colei che l’aperse e che la punse.

Alla t. 10 nomina.

…il glorioso scanno
Della Donna del cielo;

alla. t. 29 chiama Maria

…la faccia che a Cristo
Più s’assomiglia;

alla t. 32 accenna alla discesa dell’Angelo Gabriele, che disse:

«Ave Maria, Gratia piena»

alla t. 35 Dante chiama ancora la Vergine – nostra Regina; – la nomina col nome proprio alle t. 36 e 38; alla t. 40 la chiama Augusta; – alla t. 45 nomina S. Anna, madre di Maria:

Di contro a Pietro vedi sedere Anna,
Tanto contenta di mirar sua figlia,
Che non muove occhio, per cantare Osanna.

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Ma il più bello attestato dell’affetto di Dante verso Maria si trova nella sublime preghiera, ch’egli pone sulle labbra di s. Bernardo nel c. XXXIII del Par. E qui noi faremo nostre le parole di Cesare Balbo, con le qua.li egli chiude il Capo XV (Lib. II) della sua Vita di Dante[1].

«S. Bernardo, così il Balbo, fu, come ognun sa, specialmente divoto di Maria. Vergine, ed estenditore del soave culto di lei nel secolo precedente (a Dante). Quindi egli è, che si fa qui non più guida, ma dimostratore delle glorie di Maria Vergine, circondata, in forma di rose, dai Santi e dagli Angeli più sublimi; egli, S. Bernardo, che fa per Dante questa ultima orazione:

«Vergine Madre, figlia del tuo figlio,
umile e alta più che creatura,
termine fisso d’etterno consiglio,

tu se’ colei che l’umana natura
nobilitasti sì, che ’l suo fattore
non disdegnò di farsi sua fattura.

Nel ventre tuo si raccese l’amore,
per lo cui caldo ne l’etterna pace
così è germinato questo fiore.

Qui se’ a noi meridïana face
di caritate, e giuso, intra ’ mortali,
se’ di speranza fontana vivace.

Donna, se’ tanto grande e tanto vali,
che qual vuol grazia e a te non ricorre,
sua disïanza vuol volar sanz’ali.

La tua benignità non pur soccorre
a chi domanda, ma molte fïate
liberamente al dimandar precorre.

In te misericordia, in te pietate,
in te magnificenza, in te s’aduna
quantunque in creatura è di bontate.

Or questi, che da l’infima lacuna
de l’universo infin qui ha vedute
le vite spiritali ad una ad una,

supplica a te, per grazia, di virtute
tanto, che possa con li occhi levarsi
più alto verso l’ultima salute.

E io, che mai per mio veder non arsi
più ch’i’ fo per lo suo, tutti miei prieghi
ti porgo, e priego che non sieno scarsi,

perché tu ogne nube li disleghi
di sua mortalità co’ prieghi tuoi,
sì che ’l sommo piacer li si dispieghi.

Ancor ti priego, regina, che puoi
ciò che tu vuoli, che conservi sani,
dopo tanto veder, li affetti suoi.

Vinca tua guardia i movimenti umani:
vedi Beatrice con quanti beati
per li miei prieghi ti chiudon le mani!».

(Par. c. XXXIII, t. 1-13).

E così, le mani giunte, e tra l’anime più beate a pregar Maria Vergine per lui, lascia Dante finalmente la sua Beatrice: così certo erasi ella presentata a lui nella visione originaria del Poema. Precipita allora questo al fine in pochi versi, inadeguati, il confessa egli, al soggetto infinito della contemplazione di Dio. Maria Vergine abbassa

Gli occhi da Dio diletti e venerati

al supplice S. Bernardo, in segno di accoglier la preghiera; poi li drizza all’eterno Lume: S. Bernardo accenna, sorridendo, a Dante, che guardi; ed egli già guardava «e consuma poi la veduta» del Dio trino ed uno, finché

All’alta fantasia qui mancò possa.

Così finisce il Poema sacro; così col suo perfetto corrispondere alle credenze, alla coscienza, all’interna e innata poesia dei popoli cristiani, soddisfece non solo ai piaceri, ma ai bisogni di essi; e non solo avanzò, ma d’un tratto quasi compiè il rinnovamento della poesia, e delle lettere, tanta parte di quello della civiltà».

Testo tratto da: Lorenzo Felicetti, Dante poeta cattolico, Milano 1896, pp. 103-111.


 

[1] Balbo, Vita di Dante, Firenze: Le Monnier, 1853, pag. 406-408.